Come determinare il prezzo nel contratto di cessione di azioni o di quote

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Il contratto di cessione di azioni o di quote va qualificato come contratto di compravendita e vanno quindi applicate le norme del codice civile relative alla vendita (artt. 1476 e ss. cod. civ.).

Come determinare il prezzo nel contratto di cessione di azioni o di quote

Elemento fondamentale del contratto di cessione di azioni o di quote è il prezzo e la sua determinazione.

Nelle trattative di compravendita di partecipazioni di società non quotate in borsa non esiste in termini assoluti un “giusto” prezzo della partecipazione sociale che esprima esattamente il suo valore o un criterio assoluto con cui determinarlo. Esiste solo il prezzo che i contraenti decidono consensualmente di assegnare a una determinata partecipazione al momento della conclusione del contratto.

Determinazione del prezzo

In linea di principio, una partecipazione sociale esprime percentualmente il valore della società, così ad esempio se si acquista il 30% delle azioni di una società che vale in totale 1 milione di euro, il prezzo sarà pari a 300 mila euro.

Sempre in via teorica, qualora i contraenti avessero a disposizione tutte le informazioni necessarie e le competenze per stimare correttamente la società, il prezzo finale dovrebbe derivare dal valore della società come realtà fotografata dalle analisi svolte (due diligence) e dal maggior valore che l’acquirente si attende di conseguire in futuro e che è disposto a riconoscere al venditore.

Diciamo che il criterio di base per la determinazione del prezzo di quote o azioni sociali consiste nel valore del patrimonio netto della società, che consiste nella differenza fra l’attivo e il passivo dello stato patrimoniale.

Ma difficilmente il venditore si accontenterà di ricevere pro-quota il prezzo corrispondente al patrimonio netto della società. Infatti, egli di regola richiederà una somma aggiuntiva che corrisponda agli utili futuri della società, calcolando un multiplo degli utili prodotti dalla società nell’ultimo esercizio o la media degli utili conseguiti negli ultimi 2/3 anni.

Inoltre, c’è da considerare che chi vende una quota di maggioranza pretenderà un “premio di maggioranza”, in quanto la partecipazione che vende consente all’acquirente di controllare e, quindi, di gestire in autonomia la società.

E’ importante richiedere al venditore l’ultimo bilancio disponibile della società, da cui risultano il patrimonio netto e gli utili della società, e, nel caso siano intercorsi mesi dal deposito del bilancio, anche bilanci intermedi.

In certi contratti di compravendita, il prezzo della partecipazione societaria è determinato in misura fissa (per esempio: 300 mila euro), oppure è solo determinabile sulla base di criteri che consentono di stabilire il prezzo. Talvolta, addirittura il pagamento del prezzo è rinviato o eventuale, se legato in parte agli utili futuri della società earn out. Analizziamoli.

Prezzo fisso

Solitamente, si usa il prezzo in misura fissa (per esempio: “il prezzo è fissato in 300 mila euro …”) quando il valore della partecipazione non è molto alto, oppure quando per stabilire il prezzo vengono utilizzati dati di bilancio recenti che non dovrebbero subire forti variazioni tra il momento della conclusione del contratto preliminare e il perfezionamento della compravendita.

Si deve però evidenziare che l’indicazione del prezzo in misura fissa nel contratto di cessione non consente all’acquirente grandi margini di tutela. Infatti, essa non specifica sulla base di quali dati obiettivi e provabili il prezzo è stato determinato e, pertanto, sarà difficile per l’acquirente contestare giudizialmente che il prezzo pagato non è conforme al valore effettivo della partecipazione.

A tutela dell’acquirente è pertanto preferibile specificare nel contratto di acquisizione i criteri che hanno determinato il prezzo. Si potrebbe, ad esempio, prevedere che “il prezzo stabilito fra i contraenti è pari a 300 mila di euro e si compone della somma del patrimonio netto della società (200 mila euro) e del doppio degli utili realizzati nell’ultimo esercizio (100 mila euro)”.

Prezzo determinabile

Come anticipato, per prezzo determinabile si intende quel prezzo che non viene espresso in misura fissa ma vengono espressi solamente i criteri lo determinano.

I criteri da adottare possono essere diversi: patrimoniale, reddituale, misto patrimoniale-reddituale, finanziario, multipli di mercato, ecc..

Oltre a tali criteri o in aggiunta a essi, è possibile prevedere anche un prezzo minimo e un prezzo massimo, nell’interesse rispettivamente del venditore e dell’acquirente, stabilendo contestualmente una risoluzione del contratto (automatica o attivabile da chi ne ha interesse) che evita di dover pagare un prezzo che non rientri nei limiti minimi e massimi stabiliti.

Solitamente nella prassi contrattuale, si utilizza il prezzo determinabile se fra il momento della sottoscrizione del contratto preliminare e quello definitivo (in cui l’acquirente dovrà pagare il prezzo), intercorre un considerevole lasso di tempo.

Prezzo eventuale

In alcuni casi, l’acquisizione della partecipazione viene predisposta in modo che l’acquirente paghi una parte del prezzo al momento del trasferimento della partecipazione, mentre il residuo pagamento del prezzo è eventuale e posticipato, sottoposto a condizione.

La clausola più ricorrente, cosiddetta di earn out, è quella che permette di condizionare il pagamento di una parte del prezzo al raggiungimento di determinati obiettivi (che possono essere il raggiungimento di certi utili, oppure la vincita di un importante contenzioso, l’acquisizione di un grosso appalto, ecc.) che devono realizzarsi entro un determinato periodo di tempo.

Questo tipo di pattuizione comporta vantaggi sia per il venditore sia per l’acquirente:

– l’acquirente avrà un onere finanziario immediato inferiore

– il venditore avrà maggiore facilità a vendere subito sul mercato la sua partecipazione, in quanto il prezzo da pagare al momento del perfezionamento della cessione è inferiore di quello che sarebbe altrimenti immediatamente dovuto.

Si deve però considerare che dopo l’acquisizione l’acquirente potrebbe cercare, con artifici contabili, di far risultare un utile particolarmente basso, al fine di ridurre la quota parte che è tenuto a cedere al venditore.

Pertanto, si deve porre molta attenzione nella redazione di una simile clausola di earn out. E’ opportuno in questi casi chiedere la collaborazione di commercialisti e/o revisori contabili. Si consiglia che la clausola vada ad  indicare chiaramente i criteri per misurare gli utili e la modalità di distribuzione fra i soci. Inoltre, si deve individuare il periodo di tempo entro il quale il venditore ha diritto a percepire una parte degli utili della società (per esempio 2/3 anni), che potrebbe far sorgere la necessità di mantenere il venditore nell’amministrazione/gestione della società che viene regolata all’interno dello Statuto.

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